A 4 anni dagli arresti del 2015, sopraggiunta l’irrevocabilità delle sentenze, al termine dei processi di primo e secondo grado scattano i provvedimenti di carcerazione nei confronti di 40 condannati del clan Di Cosola che hanno scelto il rito abbreviato. Siamo nell’ambito dell’indagine Pilastro, avviata a marzo del 2011 dopo l’omicidio di Giuseppe Mizzi, ucciso per errore in un agguato mafioso a Carbonara.
La stessa indagine che aveva portato gli investigatori ad accertare la colpevolezza di Antonio Battista (condannato a 20 anni di reclusione) come mandante del delitto, di Emanuele Fiorentino ed Edoardo Bove (condannati in altro processo a 20 e 13 anni di reclusione) in qualità di esecutori materiali.
L’omicidio era maturato per vendetta da Antonio Battista, dopo aver subìto un attentato a mano armata. La fitta rete di intercettazioni ha consentito ai militari, nel corso delle indagini, di svelare la riorganizzazione e l’espansione del clan Di Cosola tra il 2011 e il 2015, con la leadership di Cosimo Di Cosola. Sotto la sua guida gli affiliati si dedicavano ad estorsioni, traffico di stupefacenti in diverse piazze di spaccio di Bari e dei comuni del sud Barese. Nelle mire criminali anche il settore dell’edilizia con estorsioni ai danni di imprenditori locali.
Il 21 aprile del 2015, l’esecuzione di 64 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dalla Dda di Bari che, di fatto, hanno disarticolato il sodalizio mafioso. Oggi i provvedimenti della Procura che hanno colpito 9 persone in libertà, 14 ai domiciliari e 17 già in carcere.