Si potrebbero riempire una cinquantina di camion della spazzatura con tutte le tonnellate di immondizia e rifiuti speciali che tappezzano da decenni il letto dell’antica lama Picone di Bari. Una discarica a cielo aperto, vicinissima a un campo rom, che contamina circa 300mila metri quadri di uliveti, installati dove prima scorreva l’ex fiume. Ma non finisce qui, perché il vero dramma è che in questa zona, sulla sponda est della Lama, nei pressi della tangenziale, vi è la chiesa rupestre di Santa Candida. Si tratta un insediamento e luogo di culto datato tra IX e XI secolo, ma probabilmente risalente al periodo paleocristiano-altomedievale.
Stando agli storici, Santa Candida sarebbe la più grande basilica rupestre pugliese, un santuario sviluppato in origine su 140 metri quadri e che pare potesse ospitare non meno di 300 persone. Un sito archeologico di notevole importanza, curato dall’Archeoclub Italo Rizzi di Bari, che si occupa della salvaguardia del millenario tempio. L’associazione, insieme ad altri gruppi di ambientalisti, continua a distanza di 40 anni a denunciare il degrado che circonda l’intera zona, continua a non arrendersi.