Un’operazione ingente di contrasto alla criminalità organizzata, messa a segno dai finanzieri del Comando provinciale di Bari – con il supporto del locale Reparto operativo aeronavale e del gruppo Pronto impiego – su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia: in carcere finiscono 22 soggetti (alcuni già detenuti per altra causa) residenti nella provincia di Bari. In totale gli indagati sono 69, per i reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, nonché produzione, traffico e detenzione illecita delle stesse, trasferimento fraudolento di valori e tentato omicidio di tre soggetti, tutti delitti aggravati dall’agevolazione mafiosa. Tra gli arrestati anche un ‘sacerdote’: non un prete, ma un incaricato a celebrare i riti di affiliazione, ruolo identificato all’interno dei clan proprio con il termine sacerdote.
L’operazione ha permesso di svelare l’esistenza e l’operatività del clan Misceo, che dalla città di Noicattaro estendeva le sue attività illecite nei paesi limitrofi (Gioia del Colle, Triggiano, Capurso, Bari, Fasano), e che aveva la sede decisionale nel carcere di Napoli-Secondigliano. Il boss del clan Giuseppe Misceo, infatti, proprio dal carcere aveva sviluppato un sistema di comunicazione con l’esterno, avvalendosi anche di telefoni cellulari usati abusivamente, e da lì riusciva a gestire la cassa comune, a provvedere all’assistenza economica degli associati detenuti, e a promuovere il traffico di droga. Sul territorio, l’organizzazione riusciva a esercitare il controllo con modalità tipicamente mafiose, attraverso la presenza dei propri affiliati nelle zone nevralgiche di Noicattaro: “Una presenza ostentata – precisa la Guardia di finanza – in zone molto frequentate dalla popolazione, generando l’assoggettamento e l’omertà dei cittadini, allo scopo di poter liberamente condurre attività illecite, nonché controllando, attraverso prestanome, alcune attività economiche”.
L’associazione di tipo mafioso aveva a disposizione armi, mezzi finanziari e strumentali, oltre a una “cassa comune” e a una vera e propria “contabilità d’impresa”. Aveva inoltre ingaggiato una sfida armata con il clan rivale Annoscia, che operava nello stesso territorio, per occupare illecitamente un alloggio di edilizia popolare alla morte del legittimo assegnatario, e pure per il controllo delle piazze di spaccio. L’esito di questa sfida è stato un duplice tentato omicidio avvenuto il 3 marzo 2021, nella piazza principale di Noicattaro. Per questa vicenda, nell’ambito dell’operazione conclusa nella mattinata del primo aprile, i carabinieri della compagnia di Triggiano hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a Lecce e Vasto (Chieti), nei confronti di quattro soggetti: sono ritenuti responsabili di “tentato omicidio in concorso e porto abusivo di armi da sparo”, con l’aggravante del metodo mafioso. Furono loro a sparare il 3 marzo 2021 in piazza a Noicattaro, ai danni di due persone vicine al clan Misceo: furono sparati otto colpi di arma da fuoco a Luca Belfiore, 26enne originario del posto (colpito al fianco e al gomito) e al compaesano 46enne Luciano Saponaro (colpito alla schiena).
Le indagini, condotte attraverso l’acquisizione delle immagini dei sistemi di videosorveglianza, di testimonianze e resoconti di collaboratori di giustizia, hanno permesso di far luce sull’accaduto: sono stati quindi individuati tre soggetti del clan Annoscia, e il quarto è il capoclan, ritenuto mandante del tentato omicidio. I motivi legati alla sparatoria sono da ricondurre proprio all’occupazione abusiva della casa popolare – oggetto di contesa fra i clan – e poi all’attività delle piazze di spaccio di Noicattaro. A seguito della sparatoria tra le due consorterie mafiose, chiamato a dirimere la controversia, sarebbe stato il boss barese del clan Parisi/Palermiti, il quale avrebbe imposto una pax mafiosa, al fine di evitare che la recrudescenza di azioni violente potesse provocare una più incisiva presenza delle forze dell’ordine sul territorio precludendo il sistematico rifornimento di sostanze stupefacenti dal medesimo clan di Japigia.