Beni immobili e quote societarie per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro, sequestrati nel 2003 e confiscati nel 2009, vengono restituiti ai legittimi proprietari dopo che la Corte d’appello di Bari ha revocato il decreto di confisca emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bari. La sentenza d’appello, che ha capovolto quella di rigetto della revoca della confisca emessa dal Tribunale nel 2022, è diventata definitiva dopo che la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del procuratore generale. I beni erano di proprietà di Mario Coluccia, di 58 anni, del quale si sono perse le tracce nell’aprile 2003, all’epoca ritenuto vicino al gruppo criminale che fa capo alla famiglia Fornelli.
Tra i beni che stanno per essere restituiti alla moglie Nicoletta Fornelli, curatrice dello scomparso Coluccia, vi sono sette appartamenti a Bari in via Amendola e in via Fanelli, sette locali commerciali a Bari e Foggia, tra cui un capannone industriale, due ville nel complesso residenziale di Rosa Marina nel Brindisino, due palazzine a Casamassima e un appartamento a Lecce.
Secondo il ricorso presentato dal legale di Nicoletta Fornelli, l’avvocato Francesco Racanelli, e accolto dai giudici di secondo grado, l’annullamento della misura personale dell’obbligo di soggiorno e della confisca va riconosciuto perché Coluccia, in quanto scomparso, non ha mai ricevuto la notifica di alcun atto, non ha mai potuto difendersi e dunque non si può procedere nei confronti di un soggetto che risulta essere inesistente. L’illegittimità del provvedimento di confisca, quindi, è ‘ab origine’ perché né il provvedimento di sequestro preventivo del novembre 2003 (emesso sette mesi dopo la scomparsa) né la confisca del novembre 2009 sono stati notificati all’interessato per il quale è in corso la dichiarazione di morte presunta. Questo errore logico ha viziato l’intero provvedimento di confisca che è stato ritenuto dai giudici “illegittimo ab origine”.
La moglie del Coluccia, quale curatrice del marito, aveva chiesto prima la revoca della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale che era stata irrogata al marito nel 2003 nonostante la sua assenza e, una volta revocata la misura personale, ha chiesto e ottenuto l’annullamento della confisca. Alla richiesta dell’avvocato Racanelli si era opposto il sostituto procuratore generale Giannicola Sinisi, ma alla fine del processo la Corte d’Appello (presidente Vittorio Gaeta, a latere Giuseppe Dibisceglia e Maria Grazia Caserta) ha accolto l’istanza di revoca della confisca. I componenti della famiglia Fornelli, nel 2000, a conclusione di indagini disposte dalla Dda, furono accusati di associazione mafiosa con la finalità di imporre videogames contraffatti nelle sale da gioco. Da questa accusa furono assolti nel 2011.