Un sistema di “corruzione endemica e molto radicata”, che rappresenta “un segnale molto negativo” per la collettività. Così il procuratore di Bari, Roberto Rossi, ha commentato l’inchiesta che ha portato oggi a 10 arresti a Bari per associazione a delinquere, corruzione, falso, turbata libertà degli incanti e subappalti illeciti. Gli imprenditori coinvolti, in cambio degli appalti (tra cui quello del ‘gabbione’ dell’ospedale San Paolo di Bari, il reparto dei detenuti ricoverati, e della ‘Casa della Salute’ del comune di Giovinazzo), avrebbero pagato tangenti in denaro, borse di lusso e ristrutturazioni delle case. Nel corso delle perquisizioni avvenute oggi sono stati sequestrati contanti per 250mila euro ai pubblici ufficiali e 70mila agli imprenditori coinvolti, oltre che 17 borse di alto valore. In carcere sono finiti i sei indagati per i quali è stata riconosciuta l’associazione a delinquere. Gli altri quattro sono ai domiciliari.
L’indagine nasce da altre inchieste fatte dai pm baresi sulla Protezione civile regionale, per le quali è già stato condannato l’ex dirigente Mario Lerario. “Uno degli imprenditori coinvolti in queste inchieste – ha precisato Rossi – faceva riferimento ad altri appalti, e per questo abbiamo aperto un nuovo filone di intercettazioni, soprattutto ambientali”. Le indagini che hanno portato agli arresti di oggi sono iniziate a ottobre 2023. Per provare ad aggirare eventuali indagini, il gruppo attuava delle cautele: negli uffici non avveniva lo scambio di denaro (che si trovava nascosto in buste o cartelline); gli indagati parlavano solo dopo aver lasciato il cellulare in stanze diverse; i contanti venivano lasciati nelle giacche, o in borse che si trovavano in macchina, e poi altri venivano a recuperarli.
Secondo gli investigatori è stata documentata la “forte lievitazione dei costi nella fase di realizzazione delle commesse”. “Io ho stimato che di quei lavori forse 5 mila euro stanno (…) Come li giustifichiamo gli altri 120 mila euro?”, dicono gli indagati tra loro. A un imprenditore, spiegano gli inquirenti, erano stati dati “ampi margini di discrezionalità” nella “redazione dei computi metrici” che avrebbe comportato una maggiorazione dei costi, “di cui erano perfettamente a conoscenza” i pubblici ufficiali. Ai fini delle indagini sono state fondamentali le intercettazioni ambientali, nonostante le varie cautele utilizzate dagli indagati. Tra queste, anche lo scambio di ‘pizzini’ nella stessa stanza per non essere intercettati. E proprio l’idea di essere sottoposti a perquisizioni ha spinto alcuni indagati a concordare tra loro una eventuale versione da dare agli inquirenti. “Se vengo a fare una perquisizione a casa tua e ti trovo 20 mila euro in contanti, tu puoi dire: “Io quei 20 mila euro li ho avuti da mio padre che mi ha dato…”… (…) “…mi ha dato l’eredità, ce li aveva”, dicono gli indagati tra loro, intercettati. Oppure: “Io percepisco il fitto a nero, quelli sono tutti i fitti che io ho percepito e che ho tenuto… che ho tenuto da parte”. Ma tra loro si tranquillizzavano rispetto anche a eventuali processi: “Allora il cristiano lo puoi arrestare, però poi al processo, o comunque lo puoi indagare, ma al processo se ne uscirà pulito perché quello… l’avvocato dimostrerà che quei soldi dove sta scritto che è la tangente? Mica sta scritto sopra alla banconota ‘Tangente’. Quindi tu… (…) …per poter arrestare, devi fare… devi avere la flagranza di reato, che è una cosa quasi impossibile da fare”, si legge ancora nelle intercettazioni.
Tra gli arrestati anche Paola Andriani e suo marito, il dirigente della Asl Bari Nicola Iacobellis. I due avevano la predilezione per gli oggetti di lusso che acquistavano rigorosamente con danaro contante, che loro chiamano “i ducati”, custoditi presumibilmente nella loro villetta della Selva di Fasano, come emerge dalle 655 pagine del provvedimento cautelare notificato ai 10 arrestati. E’ il primo maggio del 2024 quando Andriani dice al marito (e una microspia registra la conversazione) che vuole realizzare delle tende a marchio Hermes per la loro casa. La donna ostenta le proprie ricchezze e, rivolgendosi al coniuge, dice con tono scherzoso, indicando la borsa e i gioielli che indossa: “Sono tutta decorata Cartier, Vuitton, Hermes”. La coppia parla anche del danaro contante che non riesce a spendere, della dipendente del loro dentista che “storce il naso” quando loro le propongono di pagare in contanti 6.000 euro di spese mediche. Ma gran parte delle preoccupazioni della donna sono per il danaro che hanno accumulato che è ” diventato difficile utilizzare”. Dice Andriani in uno sfogo col marito: “Se mi girano i c… comincio a spendere tutto, domani mi compro l’orecchino! E cominciamo con l’orecchino”. (…). “Questo – prosegue la donna – è un ottimo sistema”. E ancora: “Aumentiamo invece di diminuire, aumentiamo! Il problema è che come ti dicevo non riesci a… ormai è diventato difficile anche… capito? Veramente è diventato difficile utilizzarli! Io ce la metto tutta… ma quest’anno è stato tosto”.
Nell’inchiesta sono finiti in carcere: Nicola Sansolini, direttore responsabile della struttura complessa area gestione tecnica della Asl di Bari (fino al gennaio 2024) e poi dirigente dell’Uoc Ingegneria clinica; Nicola Iacobellis, responsabile dell’edilizia sanitaria della Asl Bari; Concetta Sciannimanico, funzionaria dell’Uoc Area gestione tecnica della Asl Bari; Giovanni Crisanti, amministratore della Costruzioni Bioedili srl, Ignazio Gadaleta, legale rappresentante della Gadaleta Ignazio srl e Nicola Minafra, titolare della Falegnameria Moderna di Ruvo di Puglia. Agli arresti domiciliari: Paola Andriani, moglie di Nicola Iacobellis, Nicola Murgolo, legale rappresentante della Costruzioni Murgolo, Cataldo Perrone, titolare della Perrone Global Service srl, e Giuseppe Rucci, agente di rappresentanza e referente della Asl Bari della società Ism impianti servizi medicali srl.