Sulla morte di Bruna Bovino, la 29enne italo-brasiliana uccisa il 12 dicembre 2013 nel centro estetico che gestiva a Mola di Bari, sarebbero stati tralasciati “indizi fondamentali”.
L’orario della morte, la presenza di tracce di dna sul corpo della vittima riconducibili unicamente all’ex amante, Antonio Colamonico, le lesioni da ustioni sulla mani dell’uomo: sono gli elementi sui quali si concentra il ragionamento della Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 10 gennaio ha annullato con rinvio l’assoluzione di Colamonico.
Il corpo della 29enne fu trovato semicarbonizzato sul pavimento del centro estetico, fra brandelli di indumenti e sangue, dopo essere stata uccisa con 20 colpi di forbici e strangolata.
Colamonico fu condannato in primo grado dalla Corte di Assise di Bari nel luglio 2017 a 25 anni di reclusione, poi assolto in appello nel novembre 2018 e ora la Cassazione ha annullato l’assoluzione disponendo che sia un nuovo processo dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Bari a valutarne la colpevolezza.