È cominciato in tre diverse aule video-collegate tra loro per non creare assembramenti nel rispetto delle norme anti-Covid, il processo sul naufragio della nave Norman Atlantic, che nella notte tra il 27 e il 28 dicembre 2014, dopo un rogo scoppiato a bordo al largo delle coste albanesi, causò la morte di 31 persone, con 64 passeggeri feriti.
Il processo si celebra nell’ex sezione distaccata del Tribunale di Bitonto e le parti, circa 100, sono state smistate in tre ambienti dislocati sui due piani del palazzo, per garantire il distanziamento. All’ingresso tutti sono stati sottoposti a misurazione della temperatura con termoscanner e nelle aule c’è l’obbligo di indossare le mascherine. Alle 61 parti civili già costituite in udienza preliminare – superstiti, familiari delle vittime e società che trasportavano merci – erano state anticipate le nuove richieste di costituzione di parte civile dei ministeri dei Trasporti, dell’Interno, dell’Ambiente e della Protezione Civile, già alla scorsa udienza rinviata due volte, per difetti di notifiche e poi per il lockdown dovuto alla pandemia.
Nel processo sono imputate 32 persone: Carlo Visentini della società Visemar, proprietaria del traghetto, i due legali rappresentanti della greca Anek Lines, noleggiatrice della nave, il comandante Argilio Giacomazzi, 26 membri dell’equipaggio e anche le due società.
Agli imputati i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano contestano, a vario titolo, i reati di cooperazione colposa in naufragio, omicidio colposo e lesioni colpose plurime oltre a numerose violazioni sulla sicurezza e al codice della navigazione.