Usura ‘di quartiere’, quella del cosiddetto ‘cravattaio’ che gestisce in prima persona o al massimo con la connivenza di propri familiari i rapporti con le vittime. E usura in forma associativa, quella dei clan, in cui i soggetti coinvolti nell’attività possono arrivare ad essere anche 90. È questo il quadro locale del fenomeno criminale raffigurato dalla Guardia di Finanza di Bari. Nel territorio barese funziona così, spiegano le Fiamme Gialle. Un’idea criminale, due modi di coltivarla, tante vittime. Ancora di più nell’ultimo anno, per via della crisi economica conseguenza dell’emergenza sanitaria legata al Covid.
Simbolo della prima delle due modalità d’usura, nella nostra città, è quanto emerso nel corso dell’operazione denominata ‘Cravatte Rosa’, spiegano dalla Guardia di Finanza. Portata a termine lo scorso novembre con 13 soggetti arrestati: di cui 5 finiti in carcere e 8 agli arresti domiciliari. “Le indagini – si legge in una nota – hanno consentito di disvelare condotte di usura di tipo ‘domestico’ per centinaia di migliaia di euro poste in essere nel periodo 2011-2020, prevalentemente da donne appartenenti a 4 nuclei familiari, nei confronti di loro vicini di casa: residenti nei quartieri popolari Japigia, San Pasquale e San Paolo”.
Il modus operandi dell’attività usuraria, in questo caso, prevedeva la restituzione della somma prestata in un arco temporale ricompreso nella maggior parte dei casi tra una settimana e 6 mesi. Con l’applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 5.000%. Inoltre, per i prestiti ottenuti vigeva la regola del ‘salto rata’: la vittima, laddove non fosse stata in grado di pagare alla scadenza la rata pattuita, era costretta a versare una ‘penale’ denominata ‘solo interesse’. Ammontante al 50% della rata mensile prevista, con la conseguenza che il debito residuo rimaneva inalterato e che i tempi di estinzione del prestito si allungavano. Oltre a famiglie con gravi difficoltà economiche, sono caduti nella ‘morsa’ di questo tipo di usura anche impiegati, commessi ed operai, alcuni dei quali anche accaniti giocatori di bingo, lotto, slot machine e gratta e vinci.
E poi c’è l’altra modalità d’usura. Quella portata avanti dai clan. Una dimensione associativa con sodalizi criminali che esercitano, mediante vere e proprie ‘strutture organizzate’, attività di concessione di prestiti a tassi di interesse elevatissimi nei confronti di commercianti, piccoli imprenditori e artigiani. “Evidenze in tal senso – dicono dalla Finanza – emergono nell’ambito di una complessa attività d’indagine che sta svolgendo il Nucleo PEF Bari – su una compagine criminale attiva nel Barese nella concessione di prestiti a ‘strozzo’ con l’applicazione di tassi di interesse annui fino a oltre il 1200%”. In questo caso, le attività investigative sono partite a seguito della denuncia presentata da un imprenditore pugliese, in difficoltà finanziarie, caduto nelle morse dell’usura perpetrata da ben 4 clan malavitosi.
Le indagini hanno consentito di ricostruire il seguente modus operandi utilizzato dalle organizzazioni criminali: la dazione del denaro all’imprenditore usurato avviene per contanti, con riconsegna agli aguzzini nella medesima forma o attraverso l’emissione di assegni bancari privi dell’indicazione del beneficiario o di assegni circolari all’ordine di soggetti contigui al clan. L’assegno bancario privo dell’indicazione del beneficiario viene ‘speso’ presso esercizi commerciali e intestato al titolare dell’attività economica che lo pone all’incasso. Per dissimulare le tracce dei flussi di denaro generati dai prestiti usurari nei circuiti finanziari, in alcuni casi la restituzione delle somme vede interessati componenti del nucleo familiare della vittima attraverso l’emissione a proprio nome di assegni bancari/circolari.
In caso di insolvenza o di ritardi nella restituzione degli interessi, i clan non esitano a porre in essere vere e proprie ‘spedizioni punitive’ in danno dell’imprenditore usurato, consistenti in vessazioni psicologiche o aggressioni fisiche. “Numerosissimi sono i soggetti risultati coinvolti nelle attività usurarie – dicono gli investigatori – circa 90. Ciascuno dei quali è risultato incaricato di svolgere un compito preciso in seno al sodalizio criminale di appartenenza”. Oltre ai vertici e agli esponenti di spicco dei clan, le attività investigative hanno difatti messo in luce il ruolo degli “intermediari” (che hanno messo in contatto gli usurati con le singole organizzazioni criminali), dei beneficiari degli assegni circolari (contigui ai clan) e di coloro che hanno riscosso gli interessi o hanno eseguito le ‘spedizioni punitive’.
“Continua, pertanto, l’incessante azione di contrasto all’odiosa pratica criminale dell’usura, commessa da soggetti senza scrupoli che mirano ad ottenere ingenti guadagni sfruttando lo stato di bisogno delle proprie vittime e non disdegnando il ricorso alla violenza e alle minacce – concludono del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bari -. Ciò soprattutto nell’attuale emergenza epidemiologica, in cui diverse famiglie e imprese, in difficoltà finanziarie, sono facili ‘prede’ della criminalità, anche organizzata, interessata a riciclare i proventi delle proprie attività illecite e ad infiltrarsi nell’economia legale del territorio”.