Un medico barese avrebbe istigato due pregiudicati a minacciare un professionista per costringerlo a chiudere una controversia civile relativa alla restituzione di una caparra di 360 mila euro, versata anni prima per l’acquisto di un immobile a Bari. Il medico, il 61enne Giuseppe Garofalo, e i due pregiudicati Donato Maurizio Di Cosmo, 46 anni, attualmente collaboratore di giustizia, e Davide Genchi, 27 anni, ritenuti vicini al clan mafioso Anemolo di Bari, rischiano un processo per tentata estorsione in concorso.
La pm della Procura di Bari Grazia Errede ne ha chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare inizierà l’11 novembre dinanzi alla gup del Tribunale di Bari Maria Teresa Romita. La vicenda inizia nell’agosto 2011, quando l’architetto barese Pierluigi Uva, legale rappresentante della società ‘PL Costruzioni’, stipula con il medico e sua moglie, avvocatessa barese, un accordo di compravendita e poi un contratto preliminare notarile, ottenendo complessivamente 360 mila euro come caparra sull’importo totale di 850 mila euro per l’acquisto di una villa, poi sceso a 600 mila euro.
La vendita, però, non si conclude e ne nasce, a partire dal giugno 2013, una controversia per la restituzione della caparra che trascina Uva, assistito dall’avvocato Nicola Oberdan Laforgia, prima davanti al Tribunale penale con le accuse di truffa e appropriazione indebita (assolto nel giugno 2019) e poi davanti ai giudici civili (condannato nel febbraio 2021 al pagamento delle somme dovute). Prima che il processo civile si concludesse, però, al termine di una delle udienze, il 23 ottobre 2019, l’architetto sarebbe stato avvicinato davanti al Tribunale da Genchi il quale “gli intimava di chiudere il contenzioso con il dottore”, fissando un incontro per il 29 ottobre successivo al quale avrebbero partecipato lo stesso Genchi, l’allora sodale Di Cosmo e il medico. Nella memoria difensiva del medico, assistito dall’avvocato Mario Malcangi, si nega il suo coinvolgimento nelle presunte minacce, “mai – si legge – ha pensato di risolvere la vicenda facendo ricorso a sistemi illegali”, chiarendo che Di Cosmo era da tempo paziente del dottor Garofalo e con lui il medico si era in passato “sfogato”, raccontando anche questa vicenda, ma era “certamente all’oscuro” della richiesta estorsiva.