Una favola Lgbtq molto politicamente scorretta, in perfetto stile Checco Zalone. Il comico di Capurso calca il palco dell’Ariston e divide il pubblico, tra chi ritiene geniale l’esibizione e il messaggio contro l’omofobia, e chi invece considera sbagliato parlare di certi temi con cliché ‘poco opportuni’. Al centro delle polemiche, la prima parte dell’atteso intervento di Luca Medici all’Ariston. Checco Zalone si è infatti lanciato in una favola Lgbtq ambientata in Calabria, che comincia con il classico “c’era una volta in un calabro villaggio”.
Protagonista è Oreste, trans brasiliano che viene invitato al ballo a corte e si innamora del principe, ma il re omofobo non approva, salvo poi scoprire che si tratti di un “cliente affezionato” di Oreste. Zalone interpreta (cambiando) anche Mia Martini sulle note di ‘Almeno tu nell’universo’ e canta: “Io che sarei diverso, che ipocrisia nell’universo”, e anticipa ad Amadeus le polemiche, previste e prevedibili. Si spacca la comunità Lgbtqi, tra chi ritiene geniale il monologo e chi, invece, lo reputa ‘offensivo’, un modo per ‘distruggere anni di lavoro e di sensibilizzazione’. “Per Checco Zalone solo venerazione”, commentano tanti storici fan del comico di Capurso. “Dissacrante e sarcastico”, ammirano in tanti. Ma c’è chi non gradisce. “Perché parlare di trans sempre abbinandole alla prostituzione? – scrive su Twitter Vladimir Luxuria – Va benissimo la critica all’ipocrisia dei falsi moralisti, ma si può fare di meglio evitando le solite battute sugli attributi sessuali e il numero di scarpe 48. Meglio ridere che deridere”.
“Ma è possibile che ancora nel 2022 non possiamo alzare il livello culturale quando parliamo di omotransfobia? Checco bocciato. Sempre le stesse cose. Non siamo macchiette ma basta! Dateci la musica e non rompete con queste miserie!”, scrive in un post Titti De Simone, attivista di lungo corso e consigliera del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per l’attuazione del programma. E come lei, sono numerose le voci che riportano “delusione”. Standing ovation, invece, senza se e senza ma per le successive interpretazioni del rapper Ragadi e del virologo cugino di Albano.