17 reti segnate in 65 presenze, uno specialista dei calci piazzati. Nicolas Cordova è rimasto impresso nelle menti e nei cuori dei tifosi del Bari nonostante le due annate poco esaltanti vissute in biancorosso dal 2002 al 2004. Dopo il ritiro dal calcio giocato, il fantasista cileno ricopre attualmente il ruolo di responsabile del settore giovanile nazionale del suo Paese. Noi lo abbiamo intercettato durante la sua vacanza nella nostra città.
Che effetto le ha fatto rivedere Bari dopo tanti anni?
“Manco dalla mia ultima partita contro il Brescia, mi ha fatto molto piacere rivedere la gente di Bari e questa città che è migliorata tanto. Ho ritrovato una città ancora più bella rispetto al passato. Ero presente al San Nicola in occasione della gara con il Cittadella”.
Di cosa si occupa attualmente, dopo aver appeso le scarpette al chiodo?
“Adesso ricopro il ruolo di responsabile di tutte le selezioni nazionali giovanili del Cile. Appena ho smesso di giocare qui in Italia, ho studiato a Coverciano per diventare allenatore. Ho cominciato ad allenare proprio le formazioni nazionali giovanili cilene. Poi mi sono spostato in Perù e in Qatar, dove ho allenato l’Under 23. Sono tornato in Cile con un grande obiettivo: aiutare a crescere il nostro movimento calcistico. Purtroppo sono due anni che non ci qualifichiamo per i Mondiali. Abbiamo bisogno di far crescere nuovi giocatori importanti, la generazione d’oro dei Vidal, Sanchez, Medel sta finendo”.
Cosa si porta dietro della sua esperienza a Bari?
È stata un’esperienza bellissima e molto difficile perché in quel periodo c’era un po’ di caos tra i tifosi e la società. Noi all’epoca subivamo questa situazione, mi ricordo che c’era poca gente allo stadio e che non riuscivamo a ottenere risultati importanti in campo pur avendo una squadra di tutto rispetto. Avrei voluto vivere anni migliori in una piazza così calorosa, ma sono stato comunque molto bene in città. Ci torno molto volentieri”.
Ha sempre raccontato che a Bari in un certo senso l’umore della gente ti resta addosso…
“Sì, a volte si pensa che un calciatore non abbia emozioni e debba soltanto dare due calci a un pallone. Invece siamo ragazzi come tanti altri, con le proprie emozioni e con i propri problemi. Ho giocato in altre piazze in Italia, ma qui si avverte di più l’umore dei tifosi. È molto bello quello che sta accadendo adesso. Purtroppo la promozione in A è stata solo sfiorata, ma vedere il San Ncola pieno è qualcosa di meraviglioso. Bari merita tanto, spero che questo sia l’anno giusto”.
Ha ancora contatti con il suo connazionale ed ex compagno di squadra a Bari, Jaime Valdes?
“Lui arrivò a Bari un anno prima di me. Jaime sta bene, ha smesso anche lui di giocare. Ha giocato fino a 40 anni, adesso è il proprietario di una piccola squadra in Cile. Abbiamo mantenuto un ottimo rapporto e ci sentiamo ancora spesso”.
Secondo lei in che direzione sta andando il calcio? Che effetti sta avendo l’espansione del calcio arabo?
“Il calcio sta cambiando, ma secondo me anche investendo tanto denaro sarà comunque difficile per loro costruire un campionato davvero competitivo. L’Europa, per tradizione, sarà sempre formata dai campionati più competittivi del mondo. Anche se è chiaro che con grossi investimenti riescono a costruire strutture più adeguate e a convincere tanti calciatori a giocare lì. Questo è inevitabile. Sono stato tre anni in Qatar e ho visto come si sono preparati per il mondiale, mi rendo conto che da questo punto di vista diventa difficile eguagliarli”.