L’influencer Marzia Peragine denuncia sui social i preconcetti nei confronti delle mamme lavoratrici: ormai al settimo mese di gravidanza, la content creator pugliese ha raccontato a Telebari dei pregiudizi che ha dovuto subire da parte di alcune aziende. “Volevo ringraziare le aziende (davvero pochissime) che nonostante la mia dolce attesa hanno continuato a volermi e cercarmi – scrive Marzia in uno sfogo su Instagram – Volevo comunque ringraziare invece chi mi ha esclusa e non trattata bene, perché nella vita ci sarà sempre una selezione naturale. Grazie anche a chi mi ha guardato la pancia dicendo che mio figlio era un problema per il lavoro, volevo ricordare che le capacità restano le medesime”.
In risposta a questa storia Instagram sono arrivati tantissimi direct provenienti da ragazze diverse, testimonianze che hanno confermato l’idea di una società in cui si fa ancora molta fatica ad associare la parola “mamma” alla figura di una donna lavoratrice. Marzia Peragine opera come content creator e stylist, una professione che le permette di lavorare con la propria immagine e anche con quella degli altri e che, ci dice, fino alla gravidanza ha portato avanti con ritmi molto serrati. “Durante i primi mesi sono stata a letto con le nausee – confessa Marzia – dopodiché ho potuto riprendere a lavorare. Ho fatto il Festival di Venezia senza però poter sfilare sul red carpet perché il mio sponsor era un brand alcolico, che quindi non può associarsi a una donna incinta, e questo lo capisco perfettamente. I problemi invece sono sorti con alcune realtà poco sensibili all’argomento maternità: ad esempio, in un caso in cui avrei dovuto lavorare come stylist, la mia pancia è stata guardata con diffidenza, ed è stata considerata un problema. Un altro il cliente non ha adoperato la minima delicatezza nei miei confronti, e con toni aggressivi mi è stato detto che ero poco professionale. Certe volte ti danno anche della ritardataria, perché essendo in dolce attesa si dà per scontato che i tempi siano dilazionati”.
Marzia ci spiega che nell’ambito delle content creator a lavorare molto in gravidanza sono coloro che collaborano con il mondo maternity, mentre realizzare un servizio in un altro contesto in cui gli abiti di campionario sono delle taglie 40, risulta davvero difficile. Quasi come se i corpi, poi, fossero categorizzati secondo degli standard ben precisi, senza considerarne le possibili e naturali evoluzioni. “Noi mamme con partita IVA spesso ci affatichiamo molto, perché non avendo i vantaggi delle dipendenti cerchiamo di lavorare fino alla fine – conclude – Tra l’altro è importante sottolineare che a trattarmi male sono state anche delle donne, che non hanno avuto comprensione o empatia nei miei confronti, forse alcune di loro hanno anche rimosso di essere state madri”.