Il profumo di asfalto, le scintille dei saldatori al lavoro che la incantavano come fuochi d’artificio, il papà che insegna l’arte ai giovani. Elena Corazza attraverso le sensazioni sfoglia l’album dei ricordi che la riportano indietro a quando era bambina, nell’azienda di famiglia, dove sono nati i candelabri. “Papà li chiamava così”, racconta Elena, simbolo iconico del lungomare di Bari.
Tutto parte dal disegno dell’ingegner Vincenzo Rizzi, che cede il modello su carta del candelabro a 4 bracci e globo sferico a Francesco Corazza, era il 24 luglio del 1933. Quel documento scriverà la storia del lungomare illuminato, che ancora oggi è il simbolo di Bari nel mondo. Una storia raccontata attraverso le immagini in bianco e nero dal primo lampione installato all’ingresso dei Circolo Barion, fino ai 197 che oggi accendono uno dei luoghi più suggestivi della nostra città, dalla spiaggia di Pane e pomodoro, dove oggi campeggia una targa in memoria di Francesco Corazza, al porto.
Sono due le versioni realizzate dalla Fonderia Corazza, che aveva sede in via Caracciolo, la prima risale agli anni ’30, poi con la Seconda Guerra Mondiale i lampioni vennero utilizzati per realizzare armi. Negli anni ’50 inizia la fase due, con una restyling che prevedeva la sostituzione dei corpi illuminanti e così le sfere cedono cedono il passo alle lanterne che vediamo oggi. Ora questa storia raccontata solo da scatti sbiaditi e racconti ereditati dal passato finirà in un libro al quale Elena Corazza sta già lavorando.