C’era una volta il cinema a luci rosse. O, meglio, una volta non c’era Internet. Sino a non molti decenni fa, a Bari, come in altre città d’Italia, andavano di moda i cinema che trasmettevano film per adulti. E questo accadeva prima che la tecnologia cambiasse radicalmente le abitudini degli spettatori del mondo del proibito. Nel quartiere Picone, in via Ettore Carafa (all’epoca Via Trani), una traversa di viale Salandra, esisteva una sala che diventò il primo vero simbolo barese per gli amanti del porno: il cinema Marilon. Edificato e inaugurato il 6 giugno del 1953, fu chiamato così dalla proprietaria Maria Scannicchio in Lonigro che, con le prime lettere del proprio nome e del cognome acquisito, formò quello dell’imponente cinema di 3.000 metri quadrati.
Inizialmente, la sala cinematografica, che si estendeva in profondità e disponeva di ben 800 posti a sedere, si dedicava a pellicole classiche e musicali, con film che sono diventati delle colonne del cinema italiano come “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone, e tanti altri tra cowboy, Ercole e Maciste, oppure musical come “Tommy”, interpretato dagli Who e altri cantanti. A cavallo tra gli anni ’70 e ’80, dopo i primi vent’anni di ottimo servizio e le prime commedie sexy italiane, il Marilon decise di puntare su qualcosa dal sapore forte e proibito: il cinema hard. In una società moralista e fortemente in voga con la censura, la scelta non risultò errata: la sala si affollava e i baresi più spavaldi varcarono per lungo tempo la porta dell’hot.
Bastava leggere qualche termine sulle locandine, pubblicate nella pagina di un giornale, per venire catapultati nel mondo proibito. E magari qualche ragazzino curioso si faceva crescere i baffi, per sembrare più grande d’età e riuscire a entrare. Dal primo pomeriggio sino alle prime ore della notte, era un via vai di avventori. La domenica mattina, invece, venivano proiettati i cartoni animati per bambini. Gli anni passarono ma dopo un po’ iniziò il declino, complice anche l’espansione delle tv private e la moda dei film in videocassetta che consentì allo spettatore di guardare le pellicole in casa propria, in assoluta riservatezza. A inizio anni ’90, infatti, il Marilon abbassò la saracinesca, mettendo fine a un pezzo di storia barese. Tutt’oggi è possibile notare l’insegna gialla con la scritta rossa, usurata dal tempo, che, probabilmente, farà ancora arrossire i più nostalgici.
Un’altra icona erotica dei tempi andati fu l’ex cinema Il Salottino situato in via Stoppelli, al confine tra i quartieri San Pasquale e Japigia, nascosto sotto il ponte Padre Pio. Il Salottino è stato l’ultima arena del ‘piccante’, ultimo tempio di una società in cambiamento, frequentato da chi aveva voglia di osservare sul grande schermo le proiezioni dedicate al sesso e alle sue sfaccettature. Anch’esso, però, dopo aver vissuto un periodo florido e superato, con non poche difficoltà, l’anno Duemila, ha chiuso i battenti nel 2009 per poi trasformarsi nel teatro Bravò.
Se le consumatissime poltroncine del Marilon e del Salottino avessero potuto parlare, avrebbero raccontato generazioni di baresi, di varie età e ceti sociali, alla ricerca del proibito, spesso in incognito per non farsi riconoscere, compresi i giovanissimi spinti dalla curiosità di scoprire i segreti del sesso, rifugiati nei cinema a luci rosse tra Cicciolina (Ilona Staller), Moana Pozzi e Jessica Rizzo, star dell’epoca. Avrebbero raccontato di quando si spegnevano le luci e in quel buio spesso veniva dato sfogo a fantasie e pulsioni. Ma questo è un altro film: i cd, le vhs e il web hanno dato il colpo di grazia alle sale cinematografiche per adulti che, in un tempo lontano, hanno vissuto anni d’oro. In un’era, questa, dove il porno lo si trova già da tempo, gratuitamente, a portata di click. Basta avere uno smartphone o un computer per entrare istantaneamente nell’universo o, meglio, industria del sesso, ed essere spettatore di scene bollenti tra corpi e forme. Senza dover pagare il biglietto.