Tornare a splendere, o galleggiare e sopravvivere, aspettando la cronaca di una morte annunciata? Il dilemma è semplice, comprensibile, e sta logorando i lavoratori dello stabilimento Bosch di Bari, che sfogliano l’album dei ricordi con le foto degli antichi fasti. “Premi e riconoscimenti, siamo stati eccellenza internazionale: dal centro studi di Bari sono nati brevetti importanti, e ora ci chiediamo se si vuole rilanciare o lasciarci spegnere lentamente”, riflette Giuseppe Tardi, che in Bosch è entrato nel 2001 e oggi è Rsu della Fim Cisl nel collegio impiegati e controllo gestione.
Nessuna voglia di autocommiserarsi, nonostante lo shock dell’annuncio dei 700 esuberi (forse addirittura 1200 a lungo termine) dell’azienda, fiore all’occhiello della zona industriale barese. “Non nego le difficoltà oggettive dell’instabilità delle prospettive per i lavoratori – confessa Tardi – per cui abbiamo incassato la solidarietà del sindaco di Modugno, Nicola Bonasia, e di tutte le istituzioni, che si sono dette pronte a supportare la nostra causa anche aiutandoci a intercettare finanziamenti, a partire dal Pnrr”.
Quella della Bosch è considerata la prima vertenza nazionale nata nel cuore della transizione ecologica, e ad essa legata a triplo filo. “Ora bisogna capire una cosa innanzitutto – spiega Tardi a nome dei suoi colleghi – e cioè se Bosch riconosce ancora la centralità di Bari nel suo progetto, se oltre ai tagli immagina un percorso di innovazione di processo e di progetto per il nostro stabilimento. Solo dopo si può andare al Mise e trovare i fondi per la riconversione industriale”.
Tardi sfoglia l’album dei ricordi. “Nel ’98 la produzione delle pompe common rail è nata dal centro studi ex Fiat di Bari – dice – Abbiamo rivoluzionato tutta la motorizzazione diesel, nel periodo di massimo splendore producevamo in regime di monopolio, con 2500 dipendenti e 2mila interinali, circa 4mila persone al giorno”. Dal 2008, però, sono arrivati i primi segnali di frenata. “E infatti dal 2008 usufruiamo di ammortizzatori sociali, sono ormai 14 anni – insiste Tardi – Ora siamo a un punto di svolta, con l’azienda che deve capire cosa fare di Bari. La storia di questo stabilimento lo rivendica, noi lo rivendichiamo, se non altro per i fatturati stellari che abbiamo fatto incassare. Mettendoci anche in gioco, da ultimo nel 2019 con l’e-bike”. La domanda dunque è semplice, ma cruciale. “Vogliono farci morire come una semplice officina meccanica, lasciandoci a fare i fori nella ghisa ed estinguendoci insieme al diesel – chiede Tardi – o possiamo riprenderci il ruolo centrale che meritiamo?”.