Un foglio di poche righe con una comunicazione e una scadenza perentoria. Cinque giorni di tempo per lasciare il Cara per la cessazione delle misure di prima accoglienza. A mostrarcelo è un ragazzo africano, poco più che trentenne, uno dei quasi 100 tra gli ospiti del Centro Accoglienza per Richiedenti Asilo che in questi giorni hanno ricevuto il riconoscimento della protezione internazionale. In linea di principio un passaggio anche comprensibile, laddove fossero immediatamente disponibili progetti per la seconda accoglienza, gli ex Sprar oggi noti con l’acronimo di SAI. In realtà, però, la situazione è più complicata di quanto apparirebbe a una prima analisi.
Per essere più chiari i responsabili del Cara hanno dato nelle mani degli interessati dei foglietti con i contatti del pronto intervento sociale e degli uffici per i servizi alla persona del Comune di Bari. Di fatto l’intimazione a lasciare il centro di Palese rischia di mettere il titolare di protezione internazionale, così, in mezzo a una strada, facendo crescere il rischio di attrazione per quelle organizzazioni pronte ad approfittare dei soggetti più fragili. Afana Dieudonne, ex rifugiato che si era fatto da portavoce nella recente protesta degli ospiti del Cara, grazie alla quale si è riusciti a superare del sistema delle schede prepagate Laica, ha spiegato la situazione.