“Mio marito è un mostro. Fino a due anni fa ha molestato sessualmente nostra figlia. È successo diverse volte…Mia figlia non gli voleva più parlare ed è per questo che non solo gli ha rovinato la vita, ma l’ha anche ammazzata”. Sono le parole alla tv News 24 Albania di Tefta Malaj, la donna ferita a coltellate dal marito Taulant Malaj che a Torremaggiore ha ucciso la figlia Jessica, di 16 anni, e Massimo De Santis. “Jessica – ha raccontato la donna dal letto d’ospedale – da due anni non comunicava col padre e se non l’ha denunciato è solo per non avere una brutta nomea: si sa com’è”.
“Mio marito aveva pianificato tutto, stavamo tutti quanti dormendo a quell’ora. Lui quella notte non lavorava, era di riposo a casa. Non ho sentito che usciva, poi l’ho visto rientrare. Ha preso il bambino con il coltello e lo voleva ammazzare – è il disperato racconto della donna – Io mi sono buttata per salvare il bambino. Il piccolo dormiva nel lettino attaccato al letto matrimoniale. Poi lui ha dato tanti colpi di coltello a me, non mi ricordo quanti. Faceva dei video mentre dava calci e pugnalate con il coltello. Mia figlia dormiva, ha sentito i rumori e si è alzata. Lui a nostra figlia non l’ha mai voluta”.
Tefta rilascia l’intervista con il volto oscurato. Dal racconto della donna emerge che l’uomo avrebbe voluto uccidere il figlio ma, anche in base ai video, Taulant avrebbe invece consapevolmente risparmiato il piccolo. La versione della donna non coincide con quella che il panettiere albanese Taulant Malaj ha fornito ieri al giudice durante l’udienza di convalida del fermo. “Non ha mai avuto un’attenzione violenta nei confronti del bambino, assolutamente no”, hanno precisato ai cronisti Michele Maiellaro e Giacomo Lattanzio, difensori del 45enne assassino reo confesso. A confermare – secondo la difesa – che Malaj non volesse far del male al piccolo ci sarebbero le immagini di quei momenti registrati dalle telecamere installate nella sua abitazione. Il video è stato mostrato al giudice. Nel filmato si vedrebbe che il bambino non si era nascosto, come emerso in un primo momento. “Era lì – dicono i difensori – ha visto la scena”. Taulant ha continuato a ripetere che quella notte “non capiva nulla”, che aveva “il diavolo in testa e il buio davanti agli occhi”. E ora in carcere è costantemente vigilato perché si teme possa compiere atti di autolesionismo. Tefta intanto ha potuto riabbracciare in ospedale il figlio.