Vogliono verità e giustizia i familiari del piccolo Adelio Bocci, bambino brindisino rapito dalla madre e portato in Kazakistan nel 2015. Nell’ottobre di otto anni fa il padre Giovanni, fuori Brindisi per lavoro, chiamò la madre del piccolo senza ricevere risposta. Dopo l’ennesima chiamata, senza risposta, scoprì che la segreteria telefonica parlava russo. In quel momento il papà del piccolo realizzò che c’era qualcosa che non andava. Tornò a casa non trovando nessuno, se non una lettera che recitava: “Sei stato un buon padre e un buon marito, scusami per la sofferenza che sto dando a te e alla tua famiglia, ma se vuoi vedere Adelio devi venire in Kazakistan”.
Di Adelio non si hanno più notizie da giugno, quando è stato visto dal padre Giovanni in videochiamata per l’ultima volta, con un livido che dalla nuca scendeva sino alla schiena e una profonda ferita alla tempia, raccontano i familiari. Le videochiamate, che andavano avanti dal 2015, venivano fatte con persone ignote, che non si sono mai palesate o inquadrate. Giovanni non sa chi siano, perché suo figlio sia con loro e, soprattutto, perché ogni volta il bimbo aveva vistosi lividi su tutto il corpo e appariva spaventato e disorientato. Sulla madre pendono tre mandati di cattura internazionale e una richiesta di estradizione, ma da ben otto anni tutto rimane fermo. Né l’ambasciata italiana in Kazakistan né l’Interpol, che è alla ricerca della donna, sono riusciti a trovare il piccolo, che si teme possa essere morto. La zia Elsa, ai nostri microfoni, chiede che venga fatta chiarezza sul caso, che riguarda un bambino italiano di cui da mesi non si hanno più notizie.