Si è tenuta a Kampala (Uganda) l’evento conclusivo Erase (Rise Against Malaria) che vede tra i protagonisti l’Università degli Studi di Bari e il gruppo di ricerca guidato dalla professoressa Annalisa Saracino. La clinica di Malattie Infettive e Tropicali dell’Università di Bari ha coordinato due anni di ricerca nello studio delle resistenze antimalariche. L’Uganda è infatti il terzo paese al mondo per casi di malaria e per morti imputabili alla malaria – spiegano i medici e i ricercatori del team barese – e maggiormente a rischio sono in bambini sotto i 5 anni e le donne in gravidanza. Con le autorità locali (in primis il Ministero della Salute Ugandese), Medici con l’Africa Cuamm ha discusso dei risultati della ricerca che hanno un alto impatto nel controllo della malattia malarica nel Paese.
A questo progetto, in partenariato con Medici con l’Africa Cuamm, African network for change e Istituto Superiore di Sanità, l’Università di Bari e la Scuola di specializzazione in Malattie infettive, hanno preso parte 4 medici specializzandi e un dottorato. “È stato particolarmente apprezzato del gruppo di ricerca barese la serietà e l’umiltà con cui si sono interfacciati con gli altri partner e i risultati ottenuti di primissimo livello scientifico”, spiegano i promotori della ricerca. Presenti all’incontro, anche Paolo Giambelli – Direttore dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), una delegazione di cinque rappresentanti del Ministero della Salute insieme alle autorità dei distretti di Oyam e Kole, dove lo studio è stato condotto.
La ricerca presentata a Kampala, realizzata nell’ambito del progetto “ERASE – Rise against malaria project – Supporto alla prevenzione, diagnosi e trattamento della malaria nel contesto della pandemia di Covid-19″ grazie al sostegno di AICS, ha dedicato particolare attenzione alle donne in gravidanza. Una coorte di 1.558 donne gravide è stata sottoposta a screening ad ogni visita prenatale fino al parto. Di queste il 29,7% ha contratto la malaria nel corso della gravidanza. Lo studio ha rilevato inoltre che l’incidenza di basso peso alla nascita e di parto pretermine era rispettivamente dell’8 e 19%. Le donne che sono risultate positive sono state trattate e i campioni raccolti, sottoposti ad analisi presso l’Istituto Superiore di Sanità, hanno guidato le indagini sui marcatori di resistenza ai farmaci usati per la terapia. I risultati raccolti hanno permesso di rafforzare le pratiche di prevenzione e controllo della malaria nelle comunità, migliorando la qualità dei servizi di salute a livello comunitario e nelle strutture sanitarie nei distretti di Oyam e Kole, nella regione di Lango, nel Nord dell’Uganda. I due distretti nei quali la ricerca è stata condotta sono tra i più severamente colpiti dall’epidemia di malaria. Il tasso di incidenza in Oyam è di 407 nuovi casi per 1.000 abitanti e di 361 per 1.000 abitanti a Kole, contro una media nazionale ufficiale di 289 nuovi casi per 1.000 abitanti.
“Occuparsi di malaria in gravidanza è importante perché, oltre a essere una patologia che mette a rischio la vita di tante donne, può trasformarsi in malaria placentale – spiega Francesco Vladimiro Segala, medico Cuamm e dottorando in Malattie infettive all’Università di Bari. Si tratta di una condizione che ostacola lo sviluppo del feto e che si traduce in parti prematuri e neonati sottopeso”. “Il gruppo di ricerca del dipartimento di malattie infettive e tropicali ha un’attenzione particolare verso i bisogni delle popolazioni vulnerabili – ha dichiarato la professoressa Annalisa Saracino dell’Università di Bari. Essere qui in Uganda oggi, con tutto il team che ha lavorato a questo progetto, testimonia il sincero coinvolgimento dell’Università che crede fermamente nel valore scientifico ed umano di ricerche come questa”.