Sei ore per ottenere una visita. I bambini in attesa con la febbre alta. Il clima si riscalda e il personale è costretto a chiamare in soccorso prima le guardie giurate in servizio presso la struttura e poi i Carabinieri. E’ una storia che si ripete quella del Pronto Soccorso del Giovanni XXIII, anche questa volta provocata, come spesso accade, da un iperafflusso di codici verdi e azzurri.
I fatti risalgono allo scorso lunedì sera. Il racconto ci arriva direttamente da alcune mamme che avevano portato i propri piccoli nel punto per l’emergenza urgenza dell’ospedale pediatrico. La gente in attesa è tanta, il tempo per una visita per alcuni perdura dall’ora di pranzo. Qualcuno si spazientisce, prova ad alzare un po’ la voce. Alla fine per far sì che la nottata non finisca male per l’incolpevole personale in servizio è necessario l’intervento delle forze dell’ordine. “Purtroppo non è colpa di medici e infermieri”, spiega qualcuno sul posto.
E in effetti a chiarire la situazione è la Direzione del Policlinico, da cui di dipende il Giovanni XXIII. In servizio c’erano due medici e 4 infermieri, il personale normalmente previsto per il turno. Una riflessione va fatta sulle tipologie degli utenti arrivati al Pronto Soccorso: tutti piccoli pazienti con patologie gestibili al di fuori dall’emergenza urgenza. Non può essere però solo un problema culturale. Evidentemente occorre studiare soluzioni per garantire l’assistenza per i casi più lievi, quale può essere per esempio una febbre, anche in orari in cui è impossibile o difficile reperire il proprio pediatra di riferimento.
Sul tema le ‘community’ di mamme si sono spesso mobilitate, per esempio, chiedendo una guardia medica pediatrica notturna: ne abbiamo parlato qui.