Le prime cotte. Le prime uscite serali. L’ansia a fior di pelle di mamme e papà che restano svegli sul divano a braccia incrociate fino a quando non rincasi. I primi brutti voti. Le prime lacrime. I primi sensi di colpa. I primi amici che ti tradiscono e gli sfottò che si rincorrono nei corridoi della scuola. Essere adolescenti oggi, più di ieri, va oltre le prime volte. Essere adolescenti oggi significa cercare di farsi largo in una irta giungla di aspettative reali e virtuali, navigando a vista tra le inadeguatezze e le imposizioni sociali che sembrano asfissiare i ragazzi. E spesso per attraversare quella giungla e venirne fuori come giovani adulti sani non basta parlarne con gli adulti, con i quali spesso manca il dialogo per vergogna e timore del giudizio, ma imparare ad aprirsi con i coetanei, trovando nei peer un sostegno emotivo. Con questo obiettivo è nata nel 2011 “Youngle”, la piattaforma virtuale finanziata dal Ministero della Salute e progettata dall’associazione “Restart”, che mira a potenziare sul panorama nazionale i servizi di supporto psicologico per gli adolescenti in difficoltà.
Dal 3 gennaio 2024 l’applicazione “Youngle” è attiva anche in Puglia, quinta regione coinvolta, con sede a Bari, settimo centro di ascolto attraverso il web, rivolto a giovani e gestito da giovani con il supporto di psicologi, educatori, assistenti sociale ed esperti di comunicazione. L’impegno di tale iniziativa è stato riconosciuto nel biennio 2016/2018 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in quanto progetto di eccellenza italiano nel contrasto alla depressione e all’ideazione suicidaria in adolescenza. “Youngle” è oggi parte dello studio pilota dell’Istituto Superiore di Sanità con il primo censimento per la rilevazione delle risorse territoriali per le problematiche legate all’uso di internet, i cosiddetti “web disorders”. Ne abbiamo parlato con la psicologa barese Antonella Ceglie, socia di “Restart”, che ci ha illustrato come si articola questo servizio di ascolto via chat, in modalità totalmente anonima, e basato sulla “peer education”, ovvero un approccio protettivo attuato da giovanissimi che accolgono le ansie e le paure dei coetanei, cercando di comunicare con loro e aiutarli a superare i momenti più difficili.
“Youngle nasce da un’idea di Stefano Alemanno, che ha voluto sfruttare la presenza sui social soprattutto degli adolescenti per fini diversi dal divertimento e dallo svago, ponendosi come obiettivo la ‘peer education’. Così è stata ideata questa piattaforma, che è una vera e propria app di supporto gestita dagli adolescenti per ascoltare altri adolescenti – spiega la dottoressa Ceglie ai microfoni di Telebari –. Nella specifica esperienza di Bari abbiamo 17 ragazzi che vengono formati da noi psicologi per rispondere alle chat anonime: siamo aperti due volte a settimana, mercoledì e domenica dalle ore 21 alle 23; la chat è attiva dal 3 gennaio ed è aperta ai giovani tra i 14 e i 25 anni che anonimamente possono sfogarsi, parlare di sé e trovare qui uno spazio di ascolto sicuro. È importante che siano i peer a gestire le chat di ascolto, perché è più facile che chi ha bisogno di aiuto voglia parlare con qualcuno che ha vissuto le sue stesse esperienze, piuttosto che farlo con un adulto, con cui può subentrare l’ansia da prestazione”. “L’avvento dei social ha cambiato i paradigmi da tutti i punti di vista – continua la psicologa –. I modelli sono mutati e questo influisce ancora di più sugli adolescenti e li fa sentire ancora più inadeguati rispetto a quello che la società richiede. ‘Youngle’ è uno strumento utilissimo che si pone l’obiettivo di proteggere la salute mentale degli adolescenti, che oggi non di rado presentano disturbi legati all’alimentazione, ansia sociale, fobia scolare, paura della prestazione e difficoltà nel creare relazioni. Le problematiche ci sono, poco tempo fa è stata condotta un’indagine che ha dimostrato come il tasso di suicidio negli adolescenti sia davvero molto alto, aumentato soprattutto dopo il Covid. Perché i ragazzi quando sono rientrati nel gruppo e nella socialità si sono ritrovati senza strumenti”.
I peer, stando alla spiegazione della psicologa, sono stati cercati e selezionati attraverso annunci via social che raccontavano il progetto “Youngle”. “Abbiamo fatto pubblicità dell’iniziativa sui social, appeso delle locandine in università perché i peer di cui abbiamo bisogno devono avere tra i 14 e i 25 anni. I ragazzi hanno visto gli annunci e si sono rivolti a noi; dopodiché abbiamo sottoposto loro un breve questionario, anche per capire cosa li spingeva a partecipare a ‘Youngle’, quali erano i loro obiettivi, cosa li entusiasmava del progetto. Molti di loro hanno detto che volevano aiutare gli altri, perché reduci da vissuti simili in cui era mancato loro quell’amico, quella persona che fosse lì pronta a supportarli e ad ascoltare. L’idea che ci sia uno spazio dove un giovane possa non sentirsi solo, parlare di sé, non solo dei propri problemi, ma anche semplicemente e solo parlare, è importantissimo e un fattore protettivo. Alcuni dei peer che lavorano con noi si occupano dei social, altri della promozione; il prossimo giovedì due dei nostri ragazzi andranno in una scuola per iniziare a promuovere il progetto nei contesti educativi, anche perché chiaramente è importante che questa app venga conosciuta per poi essere scaricata e utilizzata”.
È passata poco meno di una settimana dall’attivazione della piattaforma a Bari e pare siano arrivati già i primi messaggi di aiuto via chat. “C’è stata una ragazza che parlava della difficoltà di avvicinarsi a un ragazzo che le piace, insomma, i classici problemi adolescenziali”, racconta la dottoressa Ceglie. Ovviamente nel momento in cui i disagi palesati online vanno ben oltre le tipiche vulnerabilità dell’età, i peer smettono di rispondere e l’equipe di psicologi, guidata dalla dottoressa Loiacono, interviene immediatamente. “Supervisioniamo sempre le chat che gestiscono i peer con i ragazzi, proprio per evitare che la situazione sfugga di mano. Il nostro obiettivo è quello di avere un buon collegamento con i servizi territoriali, quindi che questa chat non sia soltanto di supporto di adolescenti per adolescenti, ma che sia anche di primo soccorso. Sicuramente non lasciamo i peer a gestire una situazione del genere, perché è uno spazio di ascolto, preventivo, di promozione della salute mentale e non terapeutico. È un luogo virtuale che fa sapere ai nostri ragazzi che non sono soli”.