Protagonista dopo protagonista, la rubrica ‘C’era una volta il Bari dei baresi‘ è arrivata al suo quinto appuntamento. Questa volta ci dedichiamo a uno dei pochissimi non baresi di quel fantastico campionato: Bruno Fantini. Friulano, ottimo portiere, è arrivato nel capoluogo pugliese nel novembre 1981, durante la sessione invernale della campagna acquisti, e ha difeso egregiamente la porta barese con 30 presenze nella stagione 1981-82. Rimasto anche nella stagione successiva, con la maglia biancorossa ha totalizzato complessivamente 56 presenze in campionato. Oggi, 66enne, dopo una buona carriera da calciatore e da preparatore dei portieri nello staff di tanti allenatori tra cui Pioli, Mutti, Oddo, Salvioni, Mondonico, Ferruccio Mazzola, Vitali, Regno, Melotti, Sala, Frosio e il barese Gigi De Rosa (protagonista anche lui del Bari dei baresi), ha chiuso con il calcio.
Il Bari dei baresi è stato qualcosa di straordinario, di magico, che resterà per sempre stampato nella mente e nel cuore dei tifosi. Ancora oggi, è ricordato come il Bari più affascinante della storia.
Allora Bruno… sei stato uno dei protagonisti del famoso Bari dei baresi. Cosa ricordi di quella meravigliosa stagione?
“Ho bellissimi ricordi. Un’annata fantastica, con dei giocatori di un certo livello, in una città che merita ancora oggi categorie superiori. Come dimenticare lo splendido stadio Della Vittoria. Sia a livello di gioco che di risultati, fu un risultato indelebile. Sono stagioni che non dimentico. Fummo tutti protagonisti di una piacevole sorpresa. Una squadra forte, con tutta gente di personalità, e un grande allenatore che ha inventato il calcio della famosa zona. Quel Bari ha scosso molto la città, con una squadra giovane, tutti baresi e 5 – 6 innesti di fuori. Una situazione che nessuno si aspettava. Se fossimo andati in A, quel Bari sarebbe diventato un marchio di fabbrica. Rimane la stagione bella, però il timbro non ce lo hai messo. È stato un gran peccato, ma non si vive solo di ricordi”.
Al tuo arrivo, nel mese di novembre, il Bari era penultimo in classifica. Cosa ti ha convinto ad accettare i biancorossi?
“Devo ringraziare Matarrese e Regalia che mi presero dal Campobasso, in serie C, e mi portarono a Bari. Venivo da un’annata a Campobasso dove avevo fatto bene ma non riuscimmo a salire in B per un punto (il Campobasso fu la squadra con il minor numero di reti subite, n.d.r.). Volevo cambiare aria e Bari è stata la scelta giusta. Non ci ho pensato due volte, e ho fatto bene”.
Hai avuto difficoltà a essere catapultato in un gruppo pieno di giovani baresi?
“Diciamo che non è che io fossi ricchissimo (sorride, n.d.r.), avevo 24 anni. Una battuta che ripeto tante volte è che fu simpaticissimo arrivare nello spogliatoio e sentire parlare tutti in barese… oh, ma che cavolo dite?! (scherza, n.d.r.). Non ci capivo nulla! Un ricordo indelebile. Mi trovai immediatamente a mio agio, anche Catuzzi mi accolse molto bene ed ebbi un gran rapporto con lui. Una persona leale e onesta, ed era emiliano. Io sono nato in Friuli ma sono cresciuto in Emilia. Anche la città di Bari mi accolse molto bene. Era un gruppo coeso quello dei baresi, e siamo stati noi nuovi a inserirsi. Non ho mai avuto problemi di ambientamento nella mia carriera”.
Catuzzi aveva un gioco molto offensivo, con i terzini che si sbilanciavano molto in avanti e in difesa restavano solo i due centrali. Da portiere, ti sei mai sentito a rischio?
“Assolutamente no, perché avevamo dei movimenti molto meccanizzati e i terzini rientravano subito al loro posto. Da questo punto di vista Catuzzi era un martello e organizzava il tutto alla perfezione. Regnava un grande equilibrio. Attaccavamo in 11 e difendevamo in 11”.
Qual è il tuo ricordo più bello del periodo trascorso a Bari?
“Ricordo con grande piacere la partita vinta a Rimini, con lo stadio pienissimo di baresi. Anche la gara di San Benedetto, in maglia gialla come a Rimini. Bellissimi ricordi. A Bari gli anni più belli della mia carriera. C’era molto entusiasmo. Quando entravo nello stadio era una roba fantastica, e sentivo il rimbombo ‘Bari Bari’ a casa la notte. In campo dietro la mia porta, vedevo la curva piena. Tutto lo stadio era pieno. Fantastico”.
Se ti dico Bari-Sampdoria e Scanziani-Bellotto, cosa ti viene in mente?
“Una grande partita, dove però perdemmo in casa 1-2. Quella gara fu uno scontro diretto per la serie A, con lo stadio davvero stracolmo. Per la Sampdoria segnò Scanziani e Bellotto. Pensa un po’ che questi due giocatori poi diventarono allenatori del Modena quando allenavo i portieri dei gialloblu e ogni tanto, per scherzare, mi prendevano in giro ricordando i gol che mi fecero in quella partita”.
Ci credevi al raggiungimento della serie A?
“Certe decisioni arbitrali ci hanno contrastato, poi il calcio va come deve andare. Peccato non essere arrivati al traguardo. Fu una grossa delusione. Possiamo dire che siamo andati a Roma e non abbiamo visto il Papa”.
Il campionato successivo è finito male, con la retrocessione in C. Come te lo spieghi?
“Retrocedemmo con parecchi rigori sbagliati, ma non si può trovare il pelo nell’uovo. Con i se e con i ma, non si va da nessuna parte. Mi dispiacque molto lasciare Bari a fine anno. La società voleva rifondare e se mi avessero detto di rimanere sarei rimasto molto volentieri, ma presero Paolo Conti e mi cedettero al Prato”.
Qualche simpatico aneddoto del tuo periodo a Bari me lo devi raccontare…
“Ricordo che quando arrivai a Bari alcuni nuovi amici mi dissero di stare attento ai furti d’auto, ma non ci ho mai creduto a queste cose. Un giorno ero in macchina e avevo appena parcheggiato proprio vicino casa, e vidi una donna in difficoltà con il passeggino. Scesi dall’auto, lasciandola accesa, per aiutare la signora, e quando mi voltai dopo nemmeno un minuto, l’auto non c’era più. Ma non me l’avevano rubata, furono quei miei nuovi amici a farmi uno scherzo. Poi ricordo che a Bari vecchia non era molto accessibile così come adesso. Infatti, ricordo che una volta andai a passeggiare nella città vecchia e mi guardavano un po’ di traverso; poi, appena mi riconobbero fecero festa grande tutti intorno a me. Sono episodi che ricordo con grande simpatia”.
Che auto avevi in quel periodo?
“Una BMW 312”.
Chi era il barese più simpatico del gruppo? E con chi andavi più d’accordo?
“Andavo d’accordo con tutti. Cuccovillo era simpaticissimo, così come Gigi De Rosa che qualche anno dopo ritrovai a Cosenza come compagno di squadra e vincemmo il campionato con mister Di Marzio. Con De Rosa, che è stato un giocatore molto importante di quel Bari e ricordo bene i suoi slalom in zona d’attacco, ci lavorai anche insieme a Cosenza, quando ero preparatore dei portieri e lui allenava la squadra in serie B, conquistando una miracolosa salvezza”.
Che rapporto avevi con la città di Bari? Ti piaceva?
“A Bari sono stato benissimo e l’ho sempre apprezzata. Abitavo a Santo Spirito e ricordo con piacere quando passeggiavo spesso sul lungomare della zona. Abitavo proprio di fronte al mare, vicino al ristorante La Barcaccia, e mi rilassavo molto in quel posto tranquillo. Ho ancora qualche amico e in città ci sono ritornato qualche anno fa. Bari vecchia è stata per me irriconoscibile, bellissima com’è adesso. La città si è trasformata molto in positivo ed è davvero bella, con una marea di gente. Bari già a suo tempo era una gran bella città, ma io ricordo il solito giro in via Sparano, il lungomare splendido, il Petruzzelli e il ristorante ‘Ai due ghiottoni’, dove andavo spesso a mangiare. Adesso si è espansa molto. E poi c’è il mare, che a me piace tantissimo”.
Come hai trovato la cucina barese?
“Io sono vegetariano. Impazzivo per i panzerotti. E poi le buonissime orecchiette con le cime di rape”.
Oggi di cosa ti occupi?
“Sono staccato dal mondo del calcio. Faccio sport per conto mio, è qualcosa che mi piace e mi diverte, e che ho sempre fatto. Fino a poco fa giocavo anche a calcetto”.
Come mai ti sei staccato dal calcio?
“Il calcio di oggi non mi piace molto. È tutto un business e non si curano più i settori giovanili con gente adatta. Oggi mi godo la tranquillità. Il calcio, quindi, lo seguo poco e niente; vedo con piacere i risultati delle squadre con cui ho giocato, ma mi fermo lì. Ho fatto il preparatore dei portieri per tanti anni, e non ho mai avuto il procuratore. A un certo punto trovi situazioni che ti vanno bene, ma quando non trovi più interesse, il calcio finisce. Ho smesso a 56 anni di lavorare sul campo e va bene così. Ho allenato buoni portieri tra cui Bucci, Ballotta, Angelo da Costa, Pantanelli, Ripa, Silvestri, Narciso, Frezzolini e Aldegani, e ho lavorato in serie A con il Parma di Pioli (attuale allenatore del Milan, n.d.r.) e il Modena di Bellotto, e sono molto soddisfatto della mia carriera. Quello che ho fatto penso di averlo meritato. Ti sono sincero, il calcio non mi manca”.
Hai seguito le sorti del Bari? Che ne pensi di questa serie B?
“Peccato aver perso la serie A, in quel modo, nella finale play-off. Smembrare un giocattolo è sbagliato, se vuoi puntare alla serie A. Bari merita la massima serie. Mignani, Marino e Iachini è gente di livello per la B, e se Iachini riesce a toccare i tasti giusti, ce la potrebbe fare per i play-off. Capisco la contestazione dei tifosi ma, alla fine, comanda sempre la società che sta in cima e mette i soldi. Quando il tifoso vede che non vai su, è normale che si arrabbi. Nel calcio non è facile niente, poi le cose vanno come devono andare. Anche la Sampdoria, che non è partita benissimo, può rientrare per la lotta ai play-off. Vedo Parma e Cremonese per la promozione diretta, ma mi baso su quel poco che ho visto. Oggi è un calcio molto fisico e agonistico, si è perso forse un po’ di qualità rispetto a prima”.
Domenica c’è Venezia-Bari e tu sei un doppio ex. Che gara ti aspetti?
“Non conosco bene la situazione delle due squadre, ma si affrontano due squadre di un certo livello. A prescindere dagli investimenti, ci vuole sempre la qualità dei calciatori. Se vedo la classifica, sicuramente potrei dire che il Venezia potrebbe avere la meglio. Ma nel calcio non hai mai certezza”.
Ti sei ispirato a qualcuno da ragazzino?
“No, ma mi piaceva Dino Zoff che è friulano come me”.
Il Bari dei baresi è irripetibile?
“Non lo so, mi auguro che possa ricapitare. Ci vogliono ragazzi forti e anche un po’ di fortuna. Se si torna a curare il settore giovanile nel modo giusto, setacciando tutta la zona, con allenatori e osservatori preparati per il percorso del ragazzo, puoi averne la possibilità. Ma anche il ragazzo di oggi deve essere bravo a resistere e non andare a giocare da un’altra parte, se gli capita di non giocare per due volte di seguito. Il Bari dei baresi rimane un marchio storico. Sono cose che rimangono, ma per quelli che hanno vissuto quel fantastico periodo. I calciatori passano, il galletto resta”.