Nuovo appuntamento con la rubrica di Telebari ‘Se Milano avesse il mare’, per raccontarvi il legame tra le due città e tante storie di ‘emigrati’ baresi nel mondo. Se avete segnalazioni, potete scrivere all’indirizzo mail redazione@telebari.it , specificando nell’oggetto il nome della rubrica ‘Se Milano avesse il mare’, o contattarci tramite Messenger.
A Milano il prezzo del pane è sempre stata una cosa seria, almeno in passato: basti pensare alla rivolta del 1628 citata dal Manzoni nei Promessi Sposi, o ai moti del 1898 causati (anche) dell’aumento del prezzo del pane, che furono stroncati nel sangue dal generale Bava Beccaris. Ecco perché, da un lato, non stupisce che la notizia di un panificio di quartiere che vende il pane a 9 euro al chilo, pubblicata nelle scorse settimane, abbia destato molte polemiche, portando qualcuno a definire questo prezzo “non etico”. D’altra parte, però, Milano è una città cara, carissima. L’etichetta di metropoli europea che le è stata affibbiata (o che si è affibbiata da sola), se da un lato è legata a indiscutibili virtù – un dinamismo a livello culturale e imprenditoriale, una rete di trasporti efficiente, un’apertura a livello di mentalità e di società – dall’altro è abusata spesso per giustificare prezzi che non hanno eguali in Italia. E allora: c’è davvero da stupirsi se a Milano un panificio è arrivato a proporre il pane a 9 euro al chilo? Per capirlo meglio ho fatto due cose: la prima è stata andare a provare il “pane dello scandalo”, come lo ha definito una delle due panificatrici che sfornano la pagnotta in questione. La seconda è stata, nello spirito di questa rubrica, sondare gli umori di alcuni panettieri baresi per capire cosa ne pensano di questa polemica. E anche sbirciare quali sono i prezzi a Bari e capire se anche nel capoluogo pugliese, in futuro, si potrebbe trovare un pane così costoso.
Partiamo dunque dal posto da cui è partita tutta la polemica: il panificio Ambrogia, che si trova in piazza Sicilia, nel quartiere Washington. Ci arrivo in un sabato mattina soleggiato (una rarità in questi ultimi tempi a Milano). E riconosco il posto, un piccolo ma curato locale con laboratorio annesso, dalla gente all’esterno. Tavolini e sedie sono presi d’assalto da famiglie con bambini, coppie di giovani e di anziani, piccoli gruppetti di amici e amiche. Insomma: il panificio di quartiere, nonostante i prezzi, attira. Federica Ferrari, una delle titolari – l’altra è Francesca Gatti -, mi accoglie con un sorriso al bancone, dietro il quale campeggiano alcuni pani speciali il cui prezzo al chilo è in realtà già più alto di quello “dello scandalo”: il pane alle olive o all’uvetta costa 12 euro. Non appena le spiego che sono un giornalista, il suo volto disteso si irrigidisce e mi confida di non voler rilasciare interviste a causa delle polemiche che sono seguite alla pubblicazione dell’articolo incriminato. Chiariamo subito: il pane a 9 euro al chilo non è una novità, in quanto il panificio Ambrogia ha aperto alla fine del 2022 con un’offerta più o meno simile a quella attuale. Le polemiche sono però recenti, perché un articolo del Corriere della Sera, che è andato a ripescare la notizia dell’apertura del forno di quartiere, ha inserito nel titolo – che è l’unica cosa che molta gente legge – il prezzo del pane, sperando di suscitare esattamente il clamore che ha prodotto. (Non ne sto facendo una colpa al Corriere: è un espediente giornalistico, e in passato l’ho utilizzato anch’io). Dopo questo articolo, semplificando, si sono create due fazioni. Da un lato, chi ha accusato le due panificatrici di comportamento poco etico e le ha rimproverate per una frase – “facciamo pagare lo storytelling” -, che in realtà non hanno pronunciato esattamente in questa forma. Dall’altro chi (ad esempio il Gambero Rosso), ha in qualche modo giustificato questo prezzo elevato a fronte della qualità del prodotto e della corretta remunerazione del lavoro di chi lo produce e di tutta la filiera.
Nel mezzo di queste polemiche c’è il panificio Ambrogia, che continua a fare quello che sa fare bene: pane con prodotti di qualità e a filiera corta e tracciata, pizzette (le ho provate e posso dire che sono molto buone), dolci e prodotti della tradizione kosher, dal momento che si trova in una zona di Milano in cui la comunità ebraica è molto presente. Dalla titolare, nonostante il silenzio stampa, riesco a estorcere qualche informazione: la prima è che, nonostante le polemiche, la clientela nel suo panificio non è diminuita, anzi (e questo lo vedo anche con i miei occhi). E la seconda è che il pane “dello scandalo”, come lei stessa lo definisce con un sorriso, è uno dei più richiesti. A questo punto non resta che provare questo pane, che ha anche un nome: Ambrosia, come il cibo degli dei. Ne acquisto mezzo chilo e l’assaggio: il pane sa di pane, una cosa che qui a Milano non è scontata (provate il pane industriale di certi supermercati e poi mi dite), è buono e si mantiene profumato e morbido a lungo. C’è un “però”: per chi ha in mente il sapore del pane di Altamura o di altre zone d’Italia famose per il loro pane – grazie a mia moglie ho ben presente la fragranza del pane di Cutro, ad esempio -, l’assaggio di questo pane è una cosa che tutto sommato non sorprende.
Appurato che “sì, è un buon pane però 9 euro forse anche no”, inizio a telefonare a qualche panificio barese per la seconda parte di questa riflessione “pane al pane”. Per la mia mini “indagine” vado un po’ dove mi porta il cuore: il primo panificio che chiamo è Palesano di corso Alcide De Gasperi, vicino alla casa in cui sono cresciuto, il secondo è Gentile di Poggiofranco, uno dei più rinomati della zona. Per il terzo panificio, invece, mi affido alla guida del Gambero Rosso e scelgo il panificio Adriatico di via De Giosa, premiato ormai da anni come uno dei migliori panifici della Puglia.
Da Palesano riesco a ricavare giusto il prezzo del pane: “Quello normale di grano lo vendiamo a 5 euro, quello ai cereali a 8,50 euro al chilo”, mi dicono. Due riflessioni più corpose, e sostanzialmente sulla stessa linea, arrivano invece dai titolari del panificio Gentile e Adriatico. Costantino Gentile, che vende il suo pane “normale” a 4 euro al chilo, rivela a Telebari di aver sentito parlare della polemica di Milano ma chiarisce subito: “Bari e Milano non sono due realtà confrontabili, a livello sia di produzione sia di consumo di pane. Se si vuole far polemica per il gusto della polemica va bene, ma se si vuole tenere conto di tutti i fattori che concorrono al prezzo del pane, allora 9 euro al chilo a Milano può anche essere un prezzo onesto”. E d’altronde anche il panificio Gentile ha, nella sua offerta, un pane più costoso: il pane ai cereali in cassetta arriva a 9 euro al chilo. E nella pezzatura da 250 grammi, ci rivela Costantino Gentile, è un prodotto molto richiesto dalla clientela: “Ma è un pane che dura anche una settimana, non parliamo certo di quello industriale, semilavorato, che non dura neanche un giorno”.
Anche per Giuseppe Concordia, titolare del panificio Adriatico, la polemica “milanese” sul pane non ha molto senso: “Dire il pane è come non dire niente: ci sono una miriade di tipi di pane e di farine. Quindi se uno dice vendo il pane comune a 9 euro, allora lì c’è un margine esagerato. Però se è un pane particolare, allora il prezzo potrebbe anche giustificato, anche perché a Milano è tutto proporzionale al costo della vita: il costo del locale, il costo del personale”. Quando gli chiedo se, secondo lui, i baresi sarebbero disposti a pagare il pane 9 euro al chilo, mi racconta un aneddoto: “Io produco pane biologico, di grani antichi, che ha due giorni di lavorazione. Questo pane ha un prezzo per me consono – i prezzi riferiti da una dipendente sono 6,50 euro per il pane integrale e bianco con i semi, 4,50 euro per il senatore Cappelli e 5 euro al chilo per il pane di semola, ndr -: non mi ci arricchisco, ma io sono un panificio, non una gastronomia, devo vivere del mio pane e sono orgoglioso di questo. Però, dato che molte persone mi dicevano che ero caro, in passato ho messo anche in vendita panini a 1,50 euro al chilo, perché volevo dare da mangiare a tutti. Risultato? Mi avanzavano solo questi panini”.
Verrebbe da chiosare: la qualità si paga, a Milano come a Bari. Ed evidentemente c’è chi è disposto a pagarla, magari anche tra coloro che poi sui social si lamentano dei prezzi e fanno polemica. E voi, sareste disposti a pagare un buon pane 9 euro al chilo?