Nuovo appuntamento con la rubrica di Telebari ‘Se Milano avesse il mare‘, per raccontarvi il legame tra le due città e tante storie di ‘emigrati’ baresi nel mondo. Se avete segnalazioni, potete scrivere all’indirizzo mail redazione@telebari.it , specificando nell’oggetto il nome della rubrica ‘Se Milano avesse il mare‘, o contattarci tramite Messenger.
Immaginate la sorpresa che un barese può provare nel passeggiare all’interno del Castello Sforzesco di Milano e nell’imbattersi in un cartellone informativo con la foto di un antico mobile e la scritta: “Dux Bari”. Chiariamo subito, che di questi tempi è meglio visti i venti che soffiano: il fascismo non c’entra niente. La scritta fa infatti parte della decorazione del “cassone dei tre duchi”, un’antica cassapanca in legno di noce che è ospitata all’interno del Museo dei mobili e delle sculture lignee, uno dei tanti musei che si trovano all’interno del Castello Sforzesco.
Lo ammetto: trovare un riferimento a Bari nel cuore di Milano mi ha suscitato una particolare emozione, soprattutto perché testimonia come i legami tra queste due città siano stati e siano tuttora molto forti, che è un po’ il senso per cui questa rubrica esiste. Ragion per cui mi ero ripromesso di andare ad ammirare da vicino questo “cassone” e di raccontarvi questa visita aggiungendo giusto qualche piccola annotazione storica, dal momento che non sono Barbero.
Partiamo da una constatazione: i musei ospitati nel Castello Sforzesco sono sottovalutati e poco noti, considerando che di sabato pomeriggio – quando li ho visitati io – c’era decisamente poca gente all’interno. Eppure sono musei particolari: oltre alle sale più famose che ospitano la Pietà Rondanini di Michelangelo e la Sala delle Asse decorata da Leonardo Da Vinci (che però in questo periodo è chiusa per restauro), c’è quello dedicato agli strumenti musicali, quello delle arti decorative, il museo d’arte antica e armeria, la Pinacoteca e due sezioni del museo archeologico. E poi c’è ovviamente il Museo dei mobili, che ospita il nostro cassone. La cassapanca o cassone era un mobile molto diffuso nel Medioevo: veniva utilizzato per contenere abiti e altri oggetti, ma anche come seduta o piano di appoggio. I cassoni quattrocenteschi, come quello in questione, presentavano spesso un frontale decorato con scene dipinte. È il caso del cassone dei tre duchi, che raffigura (da destra a sinistra) Galeazzo Maria Sforza, Gian Galeazzo Sforza e Ludovico il Moro, tutti intenti a cavalcare i loro destrieri, in armi da parata e accompagnati dai loro scudieri.
Il “duca di Bari” è Ludovico il Moro: il titolo gli fu conferito dal re Ferdinando d’Aragona nel 1479, ed è questo dettaglio storico che ha consentito agli esperti di datare il cassone tra il 1479 e il 1494. Piccola digressione storica. Il ducato Sforzesco a Bari era iniziato nel 1464, quando Ferdinando I d’Aragona, per ringraziare i milanesi che lo avevano aiutato nell’ascesa al trono di Re di Napoli, donò il ducato di Bari – che comprendeva all’incirca i territori di Bari, Modugno e Palo – a Sforza Maria Sforza (la scarsa fantasia dei nomi non è colpa di chi scrive, ndr), figlio del duca di Milano Francesco Maria Sforza. Nel 1479, alla morte di Sforza Maria Sforza, il ducato passò come detto a Ludovico il Moro, che però delegò subito alla sua guida la sorella Ippolita. Seguì un periodo un po’ turbolento di dissidi tra Ludovico il Moro e il cognato Alfonso, duca di Calabria e figlio di Ferdinando I, che si concluse nel 1499 quando il Moro assegnò il ducato di Bari alla nipote Isabella d’Aragona, figlia di Ippolita e Alfonso e fresca vedova di Gian Galeazzo Maria Sforza. A questo punto, finalmente (anche per voi lettori), il ducato di Bari godette di un po’ di stabilità sotto la guida delle due duchesse “milanesi”. Alla morte di Isabella, che provò tra le altre cose a circondare Bari con un canale navigabile di cui resta una traccia nel toponimo Marisabella, come abbiamo già avuto modo di raccontare, toccò infatti alla figlia Bona Sforza. Quest’ultima, già regina di Polonia, regnò a Bari dal 1524 al 1557, quando morì nel castello di Bari. Sotto le due duchesse, Bari visse un periodo florido a livello artistico e culturale. Con la morte di Bona Sforza, le cui spoglie riposano nel monumento funebre che si trova nella Basilica di San Nicola, si chiuse il “periodo milanese” del ducato di Bari, che passò sotto il dominio spagnolo.
Chiudiamo questa parentesi e ritorniamo al nostro cassone, un’opera che è considerata di particolare pregio e che in effetti cattura per la sua bellezza. Come spiegato sul sito del museo, si ritiene che il mobile – la cui parte frontale è l’unica originale – sia stato realizzato per il matrimonio tra la figlia di Galeazzo Maria Sforza, Chiara, e il figlio del doge di Genova Paolo, Fregosino Fregoso (possiamo dirlo: i nomi del Medioevo non brillavano per originalità), avvenuto nel 1488. Parliamo dunque di un mobile che ha circa 536 anni di vita: roba da togliere il fiato. Concludiamo questo viaggio nel passato tra Milano e Bari con un’altra chicca: il cassone dei tre duchi non è infatti l’unica opera custodita nei musei del Castello Sforzesco che rimanda al capoluogo pugliese. Curiosando tra i corridoi e le sale dei musei ci siamo infatti imbattuti in altre “vecchie conoscenze” di questa rubrica: le bottigliette che contenevano la manna di San Nicola. Ce ne sono tre, in cristallo e acquamarina, esposte nel museo delle arti decorative. Un’altra piccola traccia dell’importanza del Santo patrono dei baresi a Milano.