Nuovo appuntamento con la rubrica di Telebari ‘Se Milano avesse il mare’, per raccontarvi il legame tra le due città e tante storie di ‘emigrati’ baresi nel mondo. Se avete segnalazioni, potete scrivere all’indirizzo mail redazione@telebari.it , specificando nell’oggetto il nome della rubrica ‘Se Milano avesse il mare’, o contattarci tramite Messenger.
Perché il panzerotto è lo street food di Milano? Contravvenendo alle basilari regole del click bait e al contrario di quegli articoli che vi fanno penare prima di arrivare a ciò che realmente state cercando, già dal titolo abbiamo chiarito un punto fondamentale: il panzerotto è lo street food principe di Milano. Può sembrare incredibile se pensate che a Milano, a livello gastronomico, si può trovare il mondo. Eppure è così: uno degli alimenti più tipici di Bari e del barese – che lo stesso si trovi con nomi diversi in varie parti del Sud Italia non è il focus di queste poche righe –, è indiscutibilmente il cibo da strada che i milanesi hanno imparato ad apprezzare di più nel corso degli anni. Non credete a chi vi dirà che oramai è superato, che in via Paolo Sarpi (il cuore della Chinatown milanese) tra ravioli, spiedini e baozi c’è l’imbarazzo della scelta. Queste nuove specialità street spopolano, è vero, ma non hanno superato l’esame più importante che invece il panzerotto ha passato a pieni voti: la prova del tempo.
Perché il panzerotto, a Milano, non è una moda alimentare dell’ultimo minuto, ma ha almeno oltre 70 anni di vita. E a Milano il panzerotto ha un cognome preciso: Luini. Lo stesso del forno che, dal 1949 (anche se in realtà un forno nello stesso luogo esisteva dal 1888) sorge in via Santa Radegonda, a “190 passi dal Duomo”, come spiega lo stesso Luigi Luini in un bel libro in cui racconta la sua attività imprenditoriale: “Volevo solo fare il panettiere”. Fu Luigi, nato nel Lodigiano da una famiglia di origini pugliesi, ad avere l’idea di esporre i primi panzerotti nella vetrina del suo forno, a metà degli anni Cinquanta. Aveva raccolto l’eredità culinaria del nonno materno, Carlo Di Liddo, emigrato nel 1898 da Bisceglie portando con sé tre cose: “Eleganti e folti baffi, una camicia buona e un ricettario di cucina tramandato di generazione in generazione”. Ciascuna di queste cose gli servì per realizzarsi: con il ricettario, in particolare, coronò il suo sogno di “portare al nord la cucina pugliese”.
“Prodotti pugliesi” era in effetti l’insegna che campeggiava sulla vetrina del forno Luini nei primi anni di attività, anche se a farla da padrone all’inizio era soprattutto il pane. Grazie all’intuizione di Luigi, a cui dopo la morte del padre alla fine del 1955 toccò gestire il forno di famiglia, lentamente i panzerotti iniziarono a diffondersi nelle abitudini alimentari dei milanesi. È stato un passaggio graduale, frutto di un mix di fattori: l’evoluzione dei costumi e della società, il boom economico, la progressiva crescita dei lavori impiegatizi, la necessità sempre più crescente di dover consumare pasti, possibilmente veloci, fuori di casa. Tutto questo unito all’intuito, al sacrificio e alla costanza di Luigi Luini e dei suoi famigliari, rimasti fedeli alla loro idea di proporre cibi genuini tramandati di generazione in generazione. Si può dire che lo street food a Milano sia nato proprio con il panzerotto di Luini. Un alimento che ha superato diverse epoche e mode: la Milano delle contestazioni e degli anni di piombo – “dimesse le rispettive divise, poliziotti e manifestanti si incrociavano al mio bancone”, ricorda Luigi Luini nel suo libro -, la “Milano da bere” degli anni ’80, la Milano dei “paninari” e dei primi fast food, e più recentemente la pandemia e le relative restrizioni che qui in Lombardia più che altrove hanno colpito duro. Chiunque oggi passi da Milano raggiunge il forno in via Santa Radegonda, ora al centro di un food district che offre mille alternative, e fa l’immancabile fila per poter assaggiare la mezzaluna fritta arrivata da Bisceglie. Tutti in coda: da Adriano Celentano a Lady Gaga (ok, magari loro non avranno fatto la fila come i comuni mortali…), da Lucio Battisti a Philippe Daverio, da Barbara Berlusconi a Mario Calabresi (che ha raccontato dei panzerotti di Luini nel suo libro “Spingendo la notte più in là”). Il forno Luini è oggi citato nelle più importanti guide turistiche su Milano, ne hanno parlato trasmissioni televisive giapponesi e blogger coreani. Luigi, che nel 1988 è stato premiato con l’Ambrogino d’oro, massima onorificenza cittadina, ha anche tentato l’avventura fuori dai confini milanesi. L’esperienza londinese è però durata solo pochi anni: ha preferito concentrarsi sul suo forno di via Santa Radegonda e i risultati continuano a dargli ragione, anche oggi che a portare avanti l’attività di famiglia sono le figlie.
P.s. Ok, tutto molto bello (spero)… Ma immagino la domanda che molti baresi/pugliesi si staranno facendo: vabbè, ma sto panzerotto com’è? E quanto costa? Diciamolo subito: rispetto alla media dei panzerotti che si mangiano a Bari, è sicuramente più piccolo. Un fagotto, praticamente. Per quanto riguarda il gusto, si sa che è soggettivo: di certo il panzerotto di Luini ha un impasto molto corposo che va un po’ a discapito del ripieno. In ogni caso, in più di 10 anni che vivo a Milano, non ho mai visto qualcuno che lo abbia buttato nel cestino senza prima divorarlo. La versione classica, pomodoro e mozzarella, viene venduta a 2 euro e 80 centesimi, poco più di un biglietto della metro. Ci sono poi molte varianti (anche dolci) introdotte nel corso del tempo per far fronte ai gusti mutevoli di milanesi e turisti: ci sono anche i panzerotti al forno, per chi è più attento alla linea. Perché si sa, Milano pullula di modelli e modelle che vanno e vengono per le varie sfilate, tutti potenziali clienti. Nella città delle fashion week che si susseguono, però, il panzerotto fritto pugliese non passa mai di moda.